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I colli di Monfumo

Ma si tratta di uno splendido inganno perché qui il connubio tra l’opera della natura e l’opera dell’uomo è stato quanto mai accorto e felice; qui gli abitanti hanno imparato a vivere con saggezza e semplicità, e sono stati in grado di costruire un rapporto di equilibrio e di rispetto con la natura. Ora questo rapporto è messo in discussione dall’avanzata inesorabile del cemento e dal degrado della collina, dovuta a sua volta all’abbandono del lavoro agricolo per la scarsa redditività di produzioni ormai considerate “marginali” o residuali come l’allevamento di mucche da latte, la viticoltura o la melicoltura. Fino agli anni sessanta invece tutte queste attività, costituivano la principale risorsa del territorio e dei suoi abitanti. E la melicoltura aveva una sua importanza se è vero che la produzione arrivava a qualche migliaio di quintali, che il commercio era fiorente e che da tutti  Monfumo era considerato il paese delle mele. Quello fu veramente il tempo delle mele. cesto meleLe varietà coltivate (es. rossat, sambaril rosso e bianco, rosa gentile, pom de l’oio, papadopoli, corlo, pom de l’acqua, renetta di champagne, canada rosso, giallo e ruden e molte altre..) erano resistenti ai parassiti, le mele avevano un gusto straordinario e si conservavano per tutto l’inverno; le piante erano sparse sui pendii più impervi per non occupare i pochi terreni pianeggianti destinati alla semina di mais, grano o alla coltivazione della vite. Insomma era un paesaggio curato da una sapiente mano.

Luigi Poloni

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